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Ma come fai compagno di scrivania

a dialogare tutti i giorni col niente.

Come sopporti o condividi

l’insulsa sfida di chi ammonisce,

fa da maestro, da capitano delle luci spente.

Non vedi l’acqua, le stelle nel cielo

e il nostro tempo, imputridito e cadente,

che coinvolge nel vuoto

i tuoi residui di bambino ribelle.

Non senti l’urlo che mi scuote la gola.

Chinato o eretto – si fa per dire – a stento,

moribondo ti trascina il grande fiume:

senza montagne da sfidare nel vento, né pianure.

Quieto quieto

riproduci la tua specie.

Ma come fai compagno di scrivania

a seminare di certezze la pianura.

Come un incauto troppe volte

t’ho visto indietreggiare:

seme di vela morta che non tiene il mare.

LUCIANO FRAVOLINI 1981

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